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RIVISTA TRIMESTRALE DI ARTE E LETTERATURA
dell’ANIMA & dello SPIRITO n.89 (2019)
«Che istigatrice sa essere Anima»
Un saggio splendido quello di JAMES HILLMAN (Atlantic City 1926- Thompson 2011), nato come una digressione, una “metafora radicale” che porta il filosofo a riflettere sul sale, l’argento e il colore azzurro che in alchimia altro non sono che una elaborazione sulla fenomenologia dell’Anima. «Il richiamo dell’Anima è convincente; è una seduzione che porta alla fede psicologica, una fede nelle immagini e nella fede del cuore, che porta ad una animazione del mondo. Anima crea attaccamenti e legami. Ci fa innamorare. Non possiamo più rimanere osservatori distaccati che scrutano attraverso la lente. Anzi, probabilmente essa non
ha nulla a che fare con le metafore ottiche: la sua azione sulla coscienza è invece un continuo lavoro di tessitura, di cottura a fuoco lento, di incantesimo, che la spinge ad appassionati attaccamenti, allontanandola dalla posizione privilegiata di una prospettiva» (J.H. p. 12). Ed è sulla base delle sagge parole di Jung che procediamo nelle indagini tematiche della nostra rivista: «se di una cosa non si sa che cos’è, è comunque un arricchimento della conoscenza sapere che cosa non è». Anima è una nozione personificata e poiché il dialogo è uno strumento retorico fatto di una meravigliosa tessitura che richiede il coraggio del confronto fra due mondi diversi, in un bellissimo gioco anche pericoloso ci avventuriamo nel mondo delle idee, ben sapendo che «possono anche distruggere abitimentali ai quali siamo affezionati» (James Hillman) Viene da chiedersi: dove alberga lo spirito della vita? James Hillman risponde parlando di una “scintilla”, perché «il termine “Anima” delimita una regione problematica della psiche ». E ancora scrive: «L’anima non possiede forse valori e virtù come il coraggio, la lealtà. l’onestà, la dignità, la grazia e l’amore? Non possiede peccati tradizionali come l’avidità, la vanità e la lussuria? La sua conoscenza non include astrazioni universali come il tempo e lo spazio, il numero e la qualità, nonché principi logici come l’identità e la contraddizione? L’anima non ha conoscenza della bellezza? Della giustizia? della malattia e della morte?» (in Il sapere dell’anima). E sull’analogia fra conoscenza dell’anima e sogno cosa sappiamo?Nelle sue “Confessioni” Sant’Agostino immagina la nostramente come una «cripta profonda e sconfinata» dove il fondo non potràmai essere toccato. Ecco allora che i nostri autori, con le loro parole, ci illuminano, segnando nuovi immaginari cammini.
Marisa Zattini
L’Anima e lo Spirito, ecco un paio di categorie di cui non sappiamo più cosa dire. Si potrebbe in verità ricorrere a diversi espedienti: attingere dalla teologia o dalla filosofia, ad esempio, andare a vedere cosa si trova nei catechismi di tutte le religioni o nei volumi di psicoanalisi, dov’è sottinteso il progetto di trattare scientificamente l’argomento. Ma sarebbe inutile, per un motivo molto semplice: risulterebbe tutto astratto. Per chi si occupa di arte e letteratura, la visuale è completamente differente, perché l’arte e la letteratura, contrariamente a quel che si pensa nella vulgata di ogni popolo ormai, sono un metodo di conoscenza molto serio. Un conto, infatti, è il metodo filosofico, dialettico, di ordinamento e sviluppo delle categorie del pensiero; un conto è il metodo scientifico, che tutti conosciamo; e un conto è il metodo artistico, squisitamente originale e da non confondere con gli altri. A questo metodo è stata tolta ormai ogni importanza, in ciò per colpa anche di una sorta di suicidio degli artisti stessi, che hanno relegato la loro opera a erogazione di emozioni. Certo che l’emozione è importante per il metodo artistico, purché si tenti poi di procedere, cioè di capire di cosa essa è segno. L’emozione unisce qualcosa a qualcos’altro: è l’anticamera della facoltà simbolica. Ora, per essere coerenti e cercare di capire l’importanza del metodo artistico-conoscitivo, potremmo chiederci: «Quali emozioni ci dà l’Anima?» Allo stesso modo dello Spirito. È in altri termini non una questione di pensiero, ma una faccenda di esperienza concreta. Così concreta che l’oggetto di tutta l’arte, e di tutta la letteratura, potrebbe essere l’Anima stessa. L’artista è colui che rivela l’esperienza concreta dell’anima umana, cioè infine di qualcosa di cui non sappiamo cosa dire: «Ma saper riconoscere che l’Anima dell’uomo è inconoscibile è la suprema vittoria della Saggezza. Il mistero finale è l’essenza dell’io. Quando si è pesato il sole sulla bilancia, misurati i passi della luna, disegnata la mappa dei sette cieli, stella dopo stella, rimane ancora l’io. Chi sa calcolare l’orbita della propria anima?». Quando Oscar Wilde ha scritto queste cose? Dopo la sua vita da dandy, sregolata e immersa nei piaceri, quando fu processato e condannato a due anni di prigione per sodomia. Lì, afferma, è entrato in contatto con la propria anima. Non col pensiero di essa, o con la sua teoria teologica o filosofica; ne ha fatto esperienza, scrivendone in quella strabiliante lettera dal carcere chiamata De profundis.Può darsi che ogni artista sia stato toccato da un momento del genere, nelle più differenti e possibili situazioni. E il sospetto è che il segreto moto che fa lavorare gli artisti sia propria l’esperienza dell’Anima, il tocco dello Spirito. Leopardi, nella sua poesia più conosciuta, L’infinito, lo afferma con chiarezza: E come il vento / Odo stormir tra queste piante […] /mi sovvien l’eterno. Facile vedere nel vento lo spirito di citazione biblica: è proprio quella sensazione, così fisica, del vento tra le piante che lo immette in una dimensione senza tempo, “eterna”, quella dell’Anima, evocata però a partire da un’esperienza sensoriale. Che sia così per tutti? In ogni caso un vero artista non accetta altro metodo: questo è il suo campo, il suo modo di toccare il tema, ogni tema, anche quello di cui non sa dire nulla, come l’Anima.
Gianfranco Lauretano
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